Collocato nella splendida cornice della settecentesca Villa Boriglione nel Parco Culturale Le Serre di Grugliasco, l’Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare è stato fondato nel 2001 sotto la presidenza onoraria di Roberto Leydi e in stretto rapporto con la cattedra di Teatro di Animazione della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino, all’epoca l’unico insegnamento in Italia interamente dedicato alla storia delle marionette e dei burattini. I corsi sono stati tenuti prima da Giovanni Moretti e poi da Alfonso Cipolla, rispettivamente il presidente e il direttore dell’Istituto.
Un’intensa progettualità di ricerca ha caratterizzato da subito l’attività dell’Istituto, a partire da un patrimonio archivistico, di collezioni storiche e di studi sedimentato nel tempo e avviato già alla fine degli anni Sessanta.
Moltissime sono le pubblicazioni – a partire dalla Storia delle marionette e dei burattini in Italia (Titivillus, 2011) – e le mostre realizzate dall’Istituto che hanno impresso un nuovo corso agli studi, superando l’ambito prettamente folclorico in cui troppo spesso lo spettacolo con marionette e burattini era stato circoscritto, per ricollocarlo invece nella storia del teatro e della società a tutti gli effetti.
Questo sguardo allargato, aperto a una visione d’insieme dei vari fenomeni spettacolari, è venuto a delineare quel complesso sistema teatrale vigente fino ai primi decenni del Novecento: un sistema che lega in un rapporto di circolarità – spesso indissolubile e ricco di scambi continui – melodramma, balletto, teatro di prosa (professionale e amatoriale), marionette e burattini.
Su questa direzione si sono indirizzati gli studi sul grande repertorio che attraversa trasversalmente i vari generi di spettacolo: Don Giovanni, Genoveffa di Brabante, Guerrin Meschino, Il fornaretto di Venezia, Aida, o le grandi tragedie shakespeariane, come Macbeth e Otello, che si diffondono in Italia attraverso il melodramma e le marionette più ancora che col teatro di prosa. Fulcro di questi studi è la preziosa raccolta di manoscritti detenuta dall’Istituto: un corpus di circa duecento copioni, tra i più antichi a oggi pervenuti, che messo in rapporto con ricerche d’archivio finalizzate alla compilazione di cronologie sull’attività di spettacolo nel suo insieme, si rivela uno strumento vivo per un approfondimento del nostro passato e della nostra cultura attraverso la voce di un teatro testimone e protagonista del proprio tempo.
Il lavoro di ricerca ha inoltre suffragato la riproposta scenica di alcuni soggetti del grande repertorio, come Faust, Don Giovanni, Macbeth, Genoveffa, Guerrin Meschino: allestimenti effettuati non come operazioni archeologiche, ma come evocazione di un modo di concepire il teatro e di trasmetterne la memoria.
Gli studi invece sulla tradizione marionettistica in Piemonte – una tradizione straordinaria dato che dalla fine del Settecento le maggiori compagnie professionali provengono da questo territorio o ne accolgono la cultura – e la sua strettissima connessione con la storia del nostro Risorgimento, hanno dato vita al Museo Gianduja: un museo che è parte integrante dell’Istituto ed è accolto nei saloni d’onore del piano nobile di Villa Boriglione. Il tema del museo rappresenta una scelta precisa dell’Istituto, dato che il percorso espositivo non è organizzato per mostrare cimeli, ma per sviluppare discorsi. Si è preferito, infatti, non mettere in mostra le collezioni più preziose raccolte dall’Istituto – che avrebbero dato vita a un generico, seppur accattivante, museo sul teatro di figura nazionale e internazionale – quanto piuttosto puntare a una esemplificazione chiara, e per molti versi inaspettata, della funzione sociale e politica dello spettacolo con marionette e burattini. Filo rosso del percorso è la figura di Gianduja riconsiderata storicamente, che nulla ha da spartire con l’immagine esteriore che oggi rimane di lui, legata a un carnevale degradato, al cioccolato, al vino, alla bonomia di un volto rubizzo. Gianduja nasce burattino allo scoccare dell’Ottocento e grazie all’eccellenza teatrale e imprenditoriale dei suoi creatori, Giovan Battista Sales e Gioacchino Bellone, diventa rapidamente simbolo di Torino e per trasposizione di quell’Unità d’Italia che si stava compiendo. Dal teatro alle riviste satiriche Gianduja vive da protagonista un periodo intensissimo di avvenimenti spesso rimasti oscuri oppure contraddittori. Né è una testimonianza, ed esempio, La via crucis di Gianduja, quattordici incisioni di notevole rarità che raccontano l’eccidio – una vera e propria strage di stato – avvenuto nel 1864 a seguito della Convenzione di Settembre stipulata tra il Regno d’Italia e il II Impero di Napoleone III che di fatto imponeva il trasferimento della capitale da Torino e Firenze, lasciando aperta in maniera equivoca la questione romana. Com’è facilmente intuibile il Museo Gianduja è sì un museo di marionette e di documenti a esse legati, ma anche e soprattutto un museo di storia patria. Di là dai contenuti, l’esposizione si avvale di un allestimento dal forte impatto visivo, essendo firmato da Claudio Cinelli, tra i grandi maestri del teatro di figura internazionale.
Oggetto di mostre temporanee sono invece le molteplici collezioni dell’Istituto, a partire dalla vasta raccolta iconografica che comprende oltre duemila immagini, dal Seicento ai giorni nostri, tra disegni, tavole originali, incisioni, litografie, manifesti, cartoline e stampe varie relative non solo a marionette e burattini, ma anche alle maschere, al carnevale, alle feste e allo spettacolo popolare in genere. Altrettanto ricca è la documentazione fotografica, e in particolare il fondo dell’etnofotografo Giorgio Cossu: diciannovemila scatti che colgono momenti vivi delle ultime propaggini di antichi linguaggi teatrali, come il cavalo marinho e il mamulengo in Brasile, il teatro d’ombra in Malesia e in
Tailandia, il teatro d’acqua in Vietnam, la diffusione di Pulcinella in Europa. Questi reportage sul campo hanno dato vita a mostre e a diversi volumi tra cui: Mamulengo. Il teatro popolare di burattini in Brasile (Titivillus, 2008) e il ciclo Sur les traces de Pulcinella, Sur les traces de Rama, Sur les traces de peuple de l’eau (Editions Grandir, 2011-2013). Per quanto concerne gli oggetti del teatro di figura l’Istituto ha raccolto oltre duemila marionette, burattini, pupi, fantocci e ombre suddivise in varie sezioni. – Raccolta di marionette e burattini della tradizione italiana. La collezione comprende materiali dai primi anni dell’Ottocento all’immediato dopoguerra appartenuti alle compagnie Sales e Bellone, Lupi, Aimino, Ponti, Pavero, Pallavicini, Burzio, Gambarutti, Fabbroni, Galmi, Galli, Ferrari, Niemen, Unterveger, Vanelli, Zaffardi, Toselli, Colombo, Manzoni, Maletti, Mazzatorta, Brunelli, Benfenati… I fondi di maggior entità si riferiscono alla tradizione marionettistica piemontese su cui sono stati scritti svariati saggi tra cui I fili della memoria. Percorsi per una storia delle marionette in Piemonte (2001). La raccolta comprende inoltre un centinaio di marionette e burattini di cui non sono ancora state individuate le compagnie di appartenenza tra queste figura un insieme di grandi marionette a filo di area napoletana realizzate per eseguire numeri circensi e di varietà. – Raccolta di marionette e burattini della tradizione europea. Tra questi materiali si segnala una splendida baracca di Guignol finemente istoriata risalente alla prima metà dell’Ottocento. – Raccolta orientale, sudamericana e africana. Si tratta di una vasta collezione che comprende, tra le altre, marionette cinesi raffiguranti i personaggi dell’Opera di Pechino, un teatro indiano di marionette kathputli realizzate dai maestri Naurang Bhatt e Mohan Lal Hathisingh Bhatt, wayang golek balinesi e giavanesi, burattini cinesi, ombre indonesiane, cinesi e indiane. E ancora un intero teatro brasiliano di mamulengo appartenuto al mestre José López da Silva Fiho, burattini egiziani e maschere e sculture sceniche dell’Africa centro occidentale.
Parte di questo ricco materiale attualmente è esposto presso l’IPIEMME, International Puppet Museum di Castellammare di Stabia. – Teatri da camera. Collezione di circa cinquanta teatrini da camera e giocattolo dalla prima metà dell’Ottocento ai giorni nostri, provenienti da Italia, Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, Danimarca… completi di marionette, attrezzeria e di oltre duecento scenografie prospettiche.
Sull’argomento, oggetto di varie mostre anche all’estero, è stato pubblicato il volume Imagerie, teatrini e sortilegi (Seb27, 2004). – Marionette d’artista. Dal salotto teatrale di George Sand ai progetti simbolisti dello scultore Felice Tosalli, dal Teatro dei Piccoli di Vittorio Podrecca alle favole di Umberto Gozzano, dalle marionette espressioniste dei fratelli Latis al Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti, molte sono le esperienze di teatro d’arte con figure che l’Istituto ha ricostruito spesso sulla base di documenti inediti e materiali scenici recuperati. Altre opere conservate dall’Istituto sono i burattini di Francesca Moretti, allieva di Felice Casorati, i pupi dello scenografo Toni Arch, i fantocci a bastone di Luigi Nervo, le marionette dello scultore Gianni Busso, dipinte da Amerigo Carella e utilizzate in collaborazione con l’Istituto per l’allestimento di Giulietta di Federico Fellini per la regia di Valter Malosti e l’interpretazione di Michela Cescon (premio Hystrio 2004, Premio della critica teatrale 2004, Premio Ubu 2004).

– I maestri del teatro di figura. La sezione raccoglie pupazzi e figure utilizzate da maestri e rifondatori del teatro contemporaneo. Tra questi Giovanni Moretti, Neville Tranter, Claudio Cinelli e Peter Schumann, a quest’ultimo l’Istituto ha dedicato un progetto espositivo, Una vita di cartapesta (2007). La biblioteca dell’Istituto comprende, oltre al già citati manoscritti, circa quindicimila volumi relativi al teatro in generale e al teatro popolare in particolare, tra cui rare edizioni del XVII e XVIII secolo e collane teatrali minori dell’Ottocento, spesso fonti di copioni per marionette e burattini. L’Archivio, annovera oltre duemila buste contenenti documenti vari relativi a compagnie e singoli artisti; si articola in tre sezioni: archivio del teatro di figura storico, archivio del teatro di figura contemporaneo (dove sono confluiti tra gli altri gli archivi di Unima Italia, della Compagnia dei Burattini di Torino e del Festival “Incanti”), archivio di circo contemporaneo e di teatro di strada (che comprende gli archivi del Premio “Torototela” della Regione Piemonte, della Scuola di Cirko Vertigo e del Festival Internazionale “Sul filo del circo”).

Alfonso Cipolla